Combattere il patriarcato: adesso è possibile farlo partendo proprio da qui | Addio al silenzio
In Italia il tema del patriarcato continua ad infiammare i dibattiti popolari: qual è la via per una convivenza pacifica tra i due sessi?
Nelle ultime ore la città di Padova ha accolto migliaia di persone dirette alla Basilica di Santa Giustina, mesta location prescelta per i funerali della giovane Giulia Cecchettin, vittima di un omicidio che ha segnato profondamente l’opinione pubblica nel Belpaese.
La morte della studentessa veneta ha infoltito un trend preoccupante e in continua evoluzione, ed arricchito le vergognose statistiche in merito ai cosiddetti femminicidi, fenomeno che si distingue da altre tipologie di delitto a causa della connotazione gender in esso racchiusa.
La condizione della donna in Italia, secondo vox populi, è da ricondurre all’esistenza del patriarcato, tendenza che schiaccerebbe il sesso femminile sotto al tallone del maschio insicuro e incapace di gestire un rifiuto. E che si traduce spesso in episodi di gelosia estrema, nell’imbarazzante pratica del cat-calling, nelle disparità di trattamento economico nel mondo del lavoro e persino nelle diversità dei rapporti familiari tra membri maschi e femmine dello stesso nucleo di riferimento.
Le maggiori piazze italiane sono state invase da manifestanti più o meno pacifici, con i volti segnati da sbaffi di rossetto rosso e mazzi di chiavi tintinnanti in mano, ed in alcuni casi le dimostrazioni hanno dato vita a derive opinabili, come nel caso degli atti vandalici alla sede dell’associazione “Pro Vita & Famiglia”. Ma slogan e cortei rappresentano davvero una strategia efficace contro la sistematica violenza nei confronti delle donne?
Lotta al patriarcato: il ruolo delle Istituzioni
Raramente il sistema “dividi et impera” si rivela vincente per il benessere del popolo, e la recente polarizzazione del dibattito pubblico non fa eccezione. Se, infatti, una porzione di italiani ritiene tutt’ora accettabile che la donna debba vivere in funzione del proprio contraltare maschile, la stragrande maggioranza sembra aver invece metabolizzato la graduale e crescente emancipazione del gentil sesso.
Con alcune eccezioni, certo, ma che vanno ostacolate dall’alto, con un fermo intervento delle Istituzioni. La Magistratura italiana non garantisce sempre la certezza della pena, e le denunce per violenze domestiche vengono spesso ridimensionate e sminuite dalle stesse Forze dell’Ordine, con conseguenze deleterie per le donne sottoposte a minacce e abusi. Lo straziante “caso Cecchettin”, come auspicato dalla sorella Elena, sembra però aver toccato anche le coscienze dei governanti. Maggioranza e opposizione hanno infatti stilato in comune accordo un piano di prevenzione che prevede un coordinamento tra l’attività di sanitari, Forze dell’Ordine e assistenti sociali grazie ad un protocollo unificato, che garantirà (in teoria) un efficace deterrente e paracadute in caso di necessità. L’esecutivo avrebbe altresì promosso un inasprimento delle pene vigenti, ritenute molto spesso inadeguate e scarsamente applicate. Come vigilare, dunque, sui buoni propositi espressi dal Governo?
L’importanza della sorveglianza attiva
Quando un caso di cronaca esaurisce il suo impatto ad effetto, la carica dell’eco mediatico si spegne poco a poco, ed i riflettori si spostano invariabilmente sul successivo episodio di interesse nazionale.
Per evitare che Giulia, come tutte le vittime degli anni precedenti (e, purtroppo, futuri) cada ne dimenticatoio, occorre vigilare sulla realtà circostante. Estendendo l’attenzione oltre il proprio orticello, prestando orecchio ai segnali di allarme, scoraggiando gli atteggiamenti sessisti, smontando l’ironia da spogliatoio e continuando a lavorare – uomini e donne, fianco a fianco – nella medesima direzione. E richiedendo, anche fino allo sfinimento, un riscontro pronto e tempestivo alle Istituzioni, di fatto incaricate a proteggere e tutelare i cittadini italiani.