Elio, il Pixar che ha perso la sua identità queer: tagli drastici e caos creativo

Elio -fonte_Instagram - Cartoonmag.it
Il progetto di Adrian Molina rimontato in corso d’opera: addio citazioni queer e tono più “maschile”, con budget lievitato e flop al botteghino
La storia di Elio inizia come una favola sci-fi originale e autentica, firmata da Adrian Molina, regista apertamente gay, che aveva disegnato un protagonista dai gusti “trash-hippie”—passione per la moda fai da te, amore per l’ambiente e allusioni queer delicatissime. Le prime versioni includevano scene emblematiche, come Elio che trasforma rifiuti in abiti colorati e la sua cameretta arricchita da poster con indizi su un possibile tenero interesse verso un coetaneo.
La svolta: taglio netto e rimozione dei riferimenti queer
Dal 2023 Pixar ha iniziato a intervenire: la parola d’ordine era “rendere Elio più maschile”. Scene simboliche sono state eliminate e la sensibilità queer del protagonista è stata quasi azzerata. Dietro le quinte, il progetto è stato rivisto in modo radicale: Molina è uscito dal set e due nuove registe — Domee Shi e Madeline Sharafian — hanno rimontato il film. Il risultato? Un protagonista diluito, forse più commerciale ma senza la profondità della versione originaria.
Dalla qualità alla conta dei più e dei meno
Il processo ha portato a un’esplosione di costi—oltre 200 milioni di dollari stando a fonti interne—mentre al botteghino Elio ha segnato il peggior debutto nella storia Pixar (appena 20 milioni nel primo weekend USA. Alcuni ex membri della troupe hanno parlato di “un vuoto narrativo” e di un esodo di talenti profilatticamente delusi, raccontando che le scelte di marketing hanno soffocato la visione originale.
Elio è diventato emblematico di un corto circuito produttivo: una pellicola partorita da talento e originalità che ha perso la sua anima in nome della presunta commerciabilità. I veri fan della Pixar si chiedono se un film più fedele alla propria identità, anche sfrenatamente autentico, non avrebbe avuto la stessa, se non maggiore, fortuna. La riflessione resta: quanto pesa la formula “sicura” contro il coraggio della narrazione personale?