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Davide Cencini, scrittore di romanzi fantasy e colorista di fumetti, benvenuto a cartoonMag.
Salve a tutti e grazie per questa opportunità.
Davide come nasce la tua passione per il fumetto e per la scrittura?
Mi sono avvicinato a entrambe durante l’adolescenza e si può dire che questi interessi siano sbocciati insieme, senza il primo non avrei maturato il secondo. Ho iniziato leggendo l’Uomo Ragno, ma la vera svolta è stata la nascita di PKNA della Disney, che mi spinse ad assumere un ruolo attivo come fan, curando un sito e scrivendo delle fan fiction. Anche se quei primi lavori erano molto ingenui ed ero distante anni luce da uno stile maturo, ebbero molto successo nella community e questo mi incoraggiò a continuare; fu proprio grazie a una delle idee nate alla fine di questa fase che trassi ispirazione per Darkwing, che è tutt’ora il mio progetto più importante. Così una passione si trasformò in un interesse professionale che mi indirizzò verso gli studi di settore; principalmente la Scuola Internazionale di Comics, presso cui mi specializzai in sceneggiatura, ma anche altri corsi di perfezionamento, in uno dei quali conobbi Rita Micozzi, mia futura moglie e ancora oggi spesso partner artistica. In altre parole tutta la mia vita attuale è stata definita dall’interesse per il fumetto, più che una professione si è rivelata una scelta esistenziale.
Quali e chi sono le tue fonti d’ispirazione?
Le più varie, in quanto a gusti sono piuttosto eclettico. Gli autori che seguo di più sono quelli con cui “litigo” tra me e me, nel senso che mi catturano ma allo stesso tempo ne contesto alcune scelte. Nel campo del romanzo fantasy Joe Dever mi ha influenzato molto durante l’adolescenza col suo ciclo di Lupo Solitario, poi naturalmente Tolkien perché è un classico, e qualche anno fa mi sono avvicinato a George Martin che è diventato per me un modello per la sua tecnica di scrittura. Allo stesso tempo però come quelli della mia generazione sono cresciuto a Disney e manga, quindi ho tra i miei ricordi più cari il già citato PK, poi Berserk di Kentaro Miura e altre saghe più classiche come I Cavalieri dello Zodiaco… tutte cose di cui si ravvisano tracce nel mio lavoro, anche se come vedete diversissime tra loro!
Darkwing, una saga fantasy, un’autoproduzione, una scelta più che mai coraggiosa, cosa puoi dirci riguardo a questo progetto?
Si tratta in effetti di una scelta coraggiosa, dettata dal fatto che credevo nel potenziale dell’opera al punto di imbarcarmi in un’impresa difficile e piena di ostacoli come può essere auto produrre una serie di romanzi. Oltre al costo, c’è anche il rischio di finire ostracizzati dagli editori! Infatti, mentre nel fumetto l’autoproduzione è considerata un valore aggiunto, cioè una dimostrazione che la serie funziona e quindi l’editore è incoraggiato a investire, nel campo librario sembra tutto l’opposto e alcuni editori escludono lo scrittore che si prende la libertà di auto pubblicarsi.
C’è chi pratica una atteggiamento quasi punitivo in tal senso, come se l’autore che fa da sé rompesse il tabù di un monopolio editoriale. Alle fiere giravo spesso con una borsa piena di copie, e cercavo di distribuirle agli editori potenzialmente interessati; quando accadeva non sapevo mai che reazione aspettarmi. Alcuni prendevano la copia senza convinzione, altri con un misto di interesse e disincanto, qualcuno addirittura vi posava lo sguardo inorridito e strabuzzava gli occhi, quasi a dire: “Come hai OSATO?”. Addirittura, un editore pronto a pubblicarmi si è tirato indietro per il solo fatto che il libro era stato distribuito nel circuito dell’autoproduzione, come se qualche decina di copie facessero la differenza tra successo e fallimento.
Questo perché alcuni editori pensano che l’autoproduzione sia il rifugio di chi non vale o crede di potersi inventare le regole del gioco, e offrono all’aspirante autore zero considerazione. Per fortuna non tutti condividono questa filosofia! Un caso eclatante fu Eragon di Paolini che oggi è un successo mondiale. Anche Darkwing sta trovando una sua collocazione nel mercato mainstream, proprio grazie alla diffusione via internet che ha attirato dei potenziali editori. Un’altra prova di come quando si ha un’idea bisogna farsi coraggio e tirarla fuori senza farsi influenzare da ciò che pensano gli altri.
In quest’opera affronti tematiche di rilievo come il terrorismo ma anche la violenza sulle donne, come nasce l’idea di portare avanti tematiche di questo tipo?
Ne avevo le scatole piene di persone che pensano che il fantasy debba essere un genere di intrattenimento spicciolo per nerd che fuggono dalla realtà. Purtroppo il fantasy si è anche guadagnato questa reputazione negativa attraverso la diffusione di opere superficiali che hanno minato la credibilità del genere. Volevo invece impegnarmi a scrivere un fantasy che, a dispetto della sua forte vena umoristica, sapesse affrontare con coraggio tematiche reali e attuali, come la violenza a sfondo integralista, proprio per dimostrare anche che questo genere ha tutte le potenzialità per andare in profondità su cose che ci toccano quotidianamente. Anche se il contesto è fantastico, i personaggi si imbattono in situazioni che ricordano molto da vicino cose che succedono anche nel nostro mondo; anzi, la scelta di accostare la narrazione tra due diverse ambientazioni, cioè la realtà di Corown e quella della Terra con le esperienze vissute dai protagonisti, crea un contrasto che ha l’effetto di rafforzare ed evidenziare proprio questi temi. Come dire che, anche a un universo di distanza, la storia si ripete.
In l’Armata degli Scheletri tratti del rapporto fra uomo e religione, come vedi questo connubio?
La religione per come noi la concepiamo chiede all’uomo di ricercare la verità sull’esistenza in un sistema di valori esterno creato da altri, invece che all’interno di se stesso. Io credo invece che il relativismo e lo scetticismo debbano stare alla base dell’esistenza umana, anzi, che ne siano i pilastri fondanti. L’adesione a una verità indimostrabile e incontestabile è il tramonto della ragione, mentre invece la consapevolezza che “non sappiamo” e forse non potremo mai sapere certe cose sarebbe il nostro più coraggioso trionfo.
È il porci delle domande e ammettere i nostri limiti di fronte ad esse, non la fretta di trovare risposte, che apre la mente dell’uomo. Proprio perché la gente tende a essere molto suscettibile quando si tratta di mettere alla prova le proprie convinzioni, la scelta di traslare tutto in un contesto fantasy, mantenendo comunque riconoscibili certe tematiche (l’integralismo-la violenza a sfondo religioso-l’oscurantismo ecc.) serve a esprimersi in piena libertà senza doversi preoccupare di offendere qualcuno o di vedersela con la censura.
Ho puntato molto su questa tematica anche perché trovo che nell’ambito specifico del fantasy non sia stata affrontata a dovere. Ho notato infatti che alcune saghe fantasy propongono scenari in cui ci sono divinità a dozzine, eppure molto spesso questo elemento così forte sembra che venga utilizzato solo per dare colore all’ambientazione. Questo mi ha spinto a fare un passo indietro e a domandarmi cosa succede se mettiamo a confronto il nostro concetto di fede (la capacità di credere in ciò che non può essere provato) con il concetto di fede materialistico di un altro mondo dove l’esistenza del divino è supportata da prove evidenti. E quindi, cos’è vera fede? Credere senza prove o credere solo perché si hanno delle prove? E soprattutto, che uso se ne fa di questa fede? È un donare se stessi a un ideale oppure un rifugio egoistico e illusorio contro le difficoltà della vita?
Per Huntik Magazine, adattamento a fumetti della serie tv “Huntik – Secrets and Seekers” di Rainbow, ti occupi della colorazione del fumetto, che tecniche utilizzi?
Dopo quasi quattro anni di lavoro su Huntik ho messo a punto una tecnica ben rodata, che mi consente di gestire agevolmente il flusso di lavoro. Prima ancora dell’arte viene l’organizzazione: dovendo coordinare numeri a più mani con tavole che vanno e vengono, creo un tabellone online condiviso con il team creativo che mi consente di tenere traccia di ogni passaggio, così posso appuntarmi chi sta facendo cosa, le correzioni, le consegne e altri dettagli! Contrariamente a quanto fanno molti coloristi che si affidano ai “flatter”, io cerco sempre di curare personalmente la stesura delle basi, perché se vengono impostate male mi si incasina l’intero processo. A questo punto, per ottimizzare i tempi, passo le basi a un assistente che mi prepara le ombre nette (uno “shader”, quindi). Quando penso che il risultato sia ok la tavola torna a me e procedo a dare sfumature, atmosfere ed effetti.
L’effettistica in Huntik riveste un ruolo fondamentale dato che si usa spesso la magia, quindi mi concentro molto su questo aspetto; è essenziale che gli effetti di luce siano intensi e ben integrati con la scena. Faccio uso di alcuni pennelli personalizzati, ma pochissime textures, perché non mi piace l’aspetto artificiale che danno alla tavola; le textures sono come il vino buono, un bicchiere fa bene, una bottiglia ubriaca. Preferisco le care vecchie pennellate! Le cover dal numero 13 in poi hanno una lavorazione particolare perché ho introdotto il layout a elementi compositi, per facilitare le correzioni. Ogni personaggio è realizzato interamente in una sua cartella, così posso spostarli o ridimensionarli a piacimento.
Oltre all’aspetto manuale della colorazione, sfrutto molto a fondo le possibilità tecniche di Photoshop, facendo uso di maschere, livelli di regolazione e oggetti avanzati, che mi consentono di comporre la tavola con modifiche non distruttive in modo che l’intero processo sia il più possibile editabile e reversibile; così, se sbaglio qualcosa posso ripristinare facilmente una certa parte dell’immagine o modificare una tonalità senza nemmeno tornare indietro col pannello storia. Ad esempio, se voglio variare il colore delle ombre in una specifica vignetta o sequenza non tocco il livello dell’ombra, ma applico un livello di regolazione che ne cambia la resa. In questo modo non mi curo del colore effettivo che hanno le ombre sul loro livello, e posso cambiarlo direttamente dal selettore. È un modo di ragionare ispirato a quello dei linguaggi di programmazione, dove si cerca di mantenere separata la struttura dalla formattazione.
Sei sceneggiatore e colorista delle storie di Fairy Cops, come nasce questa idea?
Nel 2006 frequentai brevemente la Coniglio Editore per uno stage e mi venne voglia di cimentarmi con un fumetto per adulti. Visto che c’era stato il boom dei fumetti per ragazze, pensai che sarebbe stato divertente trarne ispirazione per una parodia erotica, così con Rita creammo Fairy Cops, una serie per adulti ma dallo stile e dai toni quasi disneyani e con un’impostazione fortemente umoristica; le protagoniste, una squadra di ragazze sensuali e multietniche che combattevano i cattivi in giro per la galassia a colpi di sesso! Entrambi venivamo dalla passione per il fumetto Disney e fu uno sviluppo naturale, così come poi arrivare a distaccarcene quando la serie maturò. Per chi desidera saperne di più, è in uscita proprio in questi giorni il volume “Comics Fucktory” della Cyrano Comics, con un’altra intervista in cui approfondiamo questi retroscena.
Raccontaci delle tue esperienze per il fumetto erotico e quello per ragazzi.
Il fumetto per ragazzi è il mio lavoro, quello erotico il mio rifugio. Li faccio entrambi con passione, anche se vorrei che il secondo pagasse quanto il primo… comunque, entrambi mi hanno dato esperienze preziose. Fairy Cops è stato il mio esordio e mi ha preparato ad Huntik, che invece è stato il vero banco di prova delle mie capacità e mi ha fatto crescere professionalmente, dandomi l’opportunità di lavorare con autori di calibro internazionale come Denis Medri, Chiara Fabbri Colabich e Ketty Formaggio. Tutto ciò che ho fatto è stato parte di un lungo percorso che mi ha portato fin qui e non mi pento assolutamente di nulla, anche se penso sempre che il mio albo migliore è quello che devo ancora fare.
Tu e il digitale: che rapporto hai con il web e la tecnologia?
È uno strumento fondamentale, non potrei mai lavorare senza. Internet apre mille opportunità perché ti permette di raggiungere qualsiasi editore riducendo le necessità di contatto in fiera, in più consente di mantenere aperta una rete di contatti con i propri colleghi e scoprire progetti in corso e offerte di lavoro. Mi sono avvicinato a Facebook proprio per questo, anche se lo trovo confusionario; invece uso molto Skype che è utilissimo per coordinare in tempo reale il gruppo di lavoro quando si fanno numeri a più mani.
La colorazione digitale mi ha spalancato le porte della professione artistica, non credo che ci sarei arrivato senza Photoshop perché non ho dimestichezza con la colorazione tradizionale, invece ora sto sperimentando quello stile imitandolo attraverso particolari tecniche di colorazione digitali. Anche per questo cerco di mantenermi sempre aggiornato con la tecnologia, conosco artisti che lavorano ancora con Photoshop 7, io invece adoro smanettare con giocattoli sempre nuovi. Sono proprio un “Iron Man”! Credo che in futuro il fumetto viaggerà sempre più sul web.
Il colore è stato solo il precursore, ora anche molti disegnatori stanno passando al disegno e all’inchiostrazione digitale e il fumetto ha trovato un nuovo canale di distribuzione nel formato ebook che consente di eliminare i costi di stampa e distribuzione, riducendo quindi il prezzo di copertina. Si tratta di nuove opportunità che è bene esplorare, infatti anch’io proverò presto a pubblicare qualcosa in digitale.
Qualche lettura consigliata per i nostri giovani lettori?
Ai lettori più piccoli, magari prima di buttarsi a capofitto nelle saghe più commerciali, consiglierei di dare una scorsa ai classici per ragazzi, in particolare Michael Ende (La storia Infinita, Momo) e Il Mago di Oz di Frank Baum, che stimolano la fantasia come pochi sanno fare oggigiorno. Per i cosiddetti Giovani Adulti mi sento di consigliare la saga di Hunger Games, di Suzanne Collins e naturalmente Martin e le sue Cronache del Ghiaccio e del Fuoco; comunque al di là di ciò che io in particolare possa trovare apprezzabile o no, mi sento di ricordare che ognuno ha i propri gusti e che li formerà nel tempo solo continuando a leggere cose nuove: uno non può sapere se una cosa gli piace o no prima di provarla, perciò forse il consiglio più prezioso è proprio questo, siate curiosi!
Progetti futuri?
Sto iniziando a collaborare proprio in questo periodo con alcuni editori americani e ho diversi progetti anche per la Francia, progetti che a dire il vero sono nel cassetto da diversi anni, ma che ho tenuto da parte fino ad ora perché non mi sentivo pronto. Fairy Cops inoltre sarà presto oggetto di un revival con due volumi di EF Edizioni che raccoglieranno episodi vecchi e nuovi di zecca. Per Darkwing sono in trattative con un editore e se tutto va bene il progetto dovrebbe essere rieditato e distribuito alla fine di quest’anno, ma per il momento non posso dare ulteriori dettagli.
Vuoi ringraziare o salutare qualcuno?
Chiunque sopporta i miei deliri! Mia moglie Rita, che mi è sempre di grande aiuto e incoraggiamento, la mia famiglia e i miei lettori su internet e carta stampata (grazie!), i colleghi e amici con cui lavoro, e un saluto in particolare lo rivolgo a mio cugino Alessandro che mi ha aiutato moltissimo con il libro. Un affettuoso abbraccio a tutti!
Info:
Pagina deviantart: http://the-silverware.deviantart.com
Sito ufficiale Darkwing: http://worldofdarkwing.com
Blog di Fairy Cops: http://fairycops.blogspot.com
Portfolio online: http://davidecencini.daportfolio.com/
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Veronica Lisotti: Google+