Il survival nel videogaming: componenti esplicite ed implicite

L’idea di sopravvivenza evoca da sempre il concetto di sfida.

Il dover sopravvivere va di pari passo con alcuni aspetti come l’autosufficienza, l’ambiente non ottimale, o più in generale ostacoli da affrontare: il superamento di tali ostacoli è la condizione essenziale per parlare di sopravvivenza, ossia poter contare sugli strumenti essenziali per vivere.

Un’idea che, proprio per la costante presenza della sfida, ha da sempre riscosso un fascino notevole nelle opere narrative: Robinson Crusoe, scritto da Daniel Defoe nel 1719, altro non è che uno dei più celebri e risalenti racconti di sopravvivenza in ambienti estremi. Ne L’Isola Misteriosa, del 1874, Jules Verne fa ruotare l’intera narrazione intorno a un gruppo di naufraghi che, in vario modo, procedono a una vera e propria civilizzazione di una sperduta isola del Pacifico, replicando quanto accadeva in quegli anni negli Stati Uniti. Guardando al cinema, uno dei più celebri esempi è Cast Away: film del 2000, il protagonista Tom Hanks interpreta un uomo che, unico superstite a un incidente aereo, è in grado di sopravvivere da solo su un’isola deserta. Non ci si può dimenticare di tutti quei programmi che, in maniera fantasiosa e spettacolarizzata, proponevano temi legati alla sopravvivenza: vari format sfociati in Survivor, L’Isola dei Famosi, Man vs Nature e altri che, specie negli anni 2000, hanno cavalcato l’idea del tema survival. Un tema che, date le sue componenti, anche in ambito videoludico ha sfornato numerosi titoli. Con una particolarità: la valenza videoludica della sopravvivenza ha condotto tanto a titoli dove questa è esplicita e rappresenta il cuore del gameplay, tanto a titoli dove, in un modo o nell’altro, la sopravvivenza trova implicitamente spazio.

Il primo gruppo è naturalmente il più intuitivo, e pochi esempi bastano per evidenziare la componente ludica dell’idea di sopravvivenza. Si tratta di titoli che, in maniera più o meno accentuata, ripropongono tutti i classici del genere: il protagonista è isolato, calato in un ambiente ostile nel quale deve contare solo su sé stesso per sopravvivere e dove il minimo errore di valutazione può comportare conseguenze fatali. Aspetti ricorrenti che, su diversi sfondi, compongono l’intera esperienza videoludica di due titoli come Stranded Deep e Green Hell: se il primo propone uno scenario dove il protagonista è scampato a un incidente aereo e deve sopravvivere in una mappa procedurale che riproduce un arcipelago del Pacifico, il secondo cala il giocatore in una mappa nella giungla amazzonica, nella quale una minaccia può provenire tanto da flora e fauna quanto dai nativi. Evidenti l’esplicita resa videoludica di elementi survival: dalla raccolta delle risorse fino alla loro coltivazione, per arrivare all’immancabile crafting con la creazione di oggetti, la sopravvivenza rappresenta il cuore dell’esperienza di gioco.

Più interessante, invece, quando gli elementi legati alla sopravvivenza entrano nel gameplay in maniera implicita: non fanno direttamente parte dell’esperienza di gioco, ma questa ripropone dinamiche decisamente survival. Il primo genere al quale guardare non può che essere il battle royale: su un’esperienza tendenzialmente di shooter in prima persona, nella quale il respawn rende il sopravvivere una questione abbastanza marginale, l’accento viene invece posto proprio sulla sopravvivenza. Per vincere una partita bisogna infatti essere l’ultimo superstite, sopravvivendo agli scontri con gli altri giocatori nella mappa – o mantenendo un basso profilo e lasciando che questi si eliminino a vicenda – e setacciando il mondo di gioco alla ricerca di risorse utili per garantirsi migliori possibilità. Un altro ottimo esempio può essere visto in titoli che prevedano eliminazioni progressive, riducendo il numero di concorrenti, anche nella realtà: è il caso del poker, la cui versione online su un sito specializzato come PokerStars rappresenta un ottimo esempio di conversione in videogioco di un intrattenimento tradizionale. Tipicamente organizzate in tornei, le partite sono scandite dai giocatori eliminati per aver terminato le risorse, e l’ultimo fra essi risulterà il vincitore: anche in questo caso, non è azzardato parlare di sopravvivenza. Un aspetto che distingue qualsiasi titolo giocato in tornei, dai picchiaduro ai simulatori calcistici. La sopravvivenza trova implicitamente spazio anche in un genere come lo strategico in tempo reale: che si sia contrapposti al computer o a un altro giocatore, e che si giochi in setting storici o in gestionali cittadini, il gioco ruota intorno allo sviluppare la propria strategia per garantirsi la sopravvivenza. Il game over, infatti, deriva proprio dall’eliminazione, in una riproposizione videoludica della legge del più forte: per sopravvivere quindi bisogna gestire gli aspetti strategici ed economici con l’obiettivo di sopravvivere all’avversario.

Potrebbero essere fatte dozzine di altri esempi, tanto di titoli esplicitamente survival – e sottogeneri: survival horror, survival postapocalittico e così via – quanto di aspetti legati alla sopravvivenza nei più disparati generi. Il mondo del videogioco, e più in generale dell’intrattenimento, deve molto a una tematica tanto ovvia quanto affascinante.